Pratobello. La più autentica lotta di popolo in Sardegna. L'insegnamento di Orgosolo che si ritrovò unito.
Una mattina di giugno, il 19 o il 20 non ricordo, mi raggiunge Luigi a casa mia, per studiare Storia del diritto italiano, esame da sostenere a fine mese. Le lezioni (e le assemblee) all'Università sono terminate e noi due, come sempre d'estate, per recuperare, a studiare. Leggiamo i giornali e sentiamo la radio. La popolazione di Orgosolo ha occupato il territorio di Pratobello, tra Orgosolo, Fonni e Mamoiada, dove lo Stato ha deciso di effettuare esercitazioni militari e stabilire un poligono di tiro.
Ci guardiamo in faccia. Possiamo continuare a studiare mentre succede questo? Non abbiamo bisogno di discutere. Saluto Annamaria e la mia piccola Sabrina di un paio di mesi e, con la mia 500, partiamo alla volta di Orgosolo.
Arriviamo dopo qualche ora, da Nuoro. La strada è bloccata da una fila di camion militari e c'è un conciliabolo tra qualche sindacalista che vorrebbe passare ed i militari. Non stiamo a discutere. Torniamo indietro, guardiamo la cartina e cerchiamo di capire dove dovremmo arrivare e come arrivarci. Decidiamo il percorso, attraverso strade sterrate, passando dalla parte di Mamoiada e di Fonni.
Entriamo nei paesi ed in piazza ci fermiamo a parlare con la poca gente che troviamo. Chiediamo cosa pensano di quanto sta accadendo e li sollecitiamo ad unirsi ad Orgosolo. La risposta è solo una: "Sono cose che non ci riguardano, sono fatti loro".
Il percorso che seguiamo è così banale da essere assurdo. Infatti attraversiamo gli accampamenti militari, nei quali stanno suonando il triangolo per avvertire del rancio, ma nessuno ci ferma. E' così inverosimile che qualcuno possa passare lì senza autorizzazione che necessariamente deve averla. Arriviamo finalmente in un punto in cui incontriamo gente che sta ancora arrivando per andare a occupare i terreni. Ci uniamo a loro, che ci osservano con diffidenza.
Spieghiamo chi siamo, diciamo di portare la solidarietà del movimento studentesco di Cagliari, chiediamo dei nostri amici del Circolo che sono stati i maggiori organizzatori, ma, giustamente, dobbiamo superare la loro più che comprensibile diffidenza. Ci accettano e ci uniamo a loro. Non facciamo molta strada e veniamo rastrellati e convogliati in uno spazio senza possibilità di muoverci. Ci identificano e ci tengono lì. Parliamo con la gente e con i soldati. Luigi si rivolge a loro con un megafono, invitandoli ad unirsi alla lotta della popolazione. E' evidente che se non dovessero ubbidire starebbero volentieri da un'altra parte, ma il risultato è solo l'ennesima denuncia.
La sera ci lasciano andare. Torniamo in paese, cerchiamo i nostri amici. C'è solo Francesco del Casino, Giovanni Moro e gli altri sono in montagna, in zone diverse. Non si sa quel che può accadere.
L'esito dell'occupazione è conosciuto. Anche a seguito di interventi dei politici regionali e nazionali: lo Stato ritira le truppe e abbandona l'idea del Poligono.
La gente di Orgosolo votava Democrazia Cristiana, Partito Comunista e tutti gli altri partiti. Non era composta da guerriglieri guevaristi. Ma per difendere i propri territori ha superato tutte le divisioni interne, che non erano solo prevalentemente politiche e si è ritrovata unita e vincente. Il Circolo di Orgosolo non era composto soltanto da militanti comunisti (estremamente critici nei confronti del PCI) ma da tanti uomini liberi, ed aveva la capacità di porre al primo posto le esigenze della gente e di confrontarsi con tutti.
Dopo quarantasei anni quella esperienza è per me e per tanti come me una stella che guida il cammino. Se la popolazione della Sardegna su Quirra e su tutti gli altri elementi di dominazione oggi esistenti invece che fare come la popolazione di Fonni e Mamoiada seguisse l'esempio degli orgolesi, la Sardegna sarebbe già libera. E se tutte le pretese "avanguardie" dei vari gruppuscoli indipendentisti avessero la stessa capacità di interpretare le esigenze della gente del Circolo di Orgosolo, oggi sarebbe anche disponibile una nova classe dirigente politica capace di guidare il processo di emancipazione nazionale che oggi in Sardegna è l'unica strada percorribile per affrontare i disastri in cui ci troviamo.
La gente con cui parliamo tutti i giorni chiede questo. Chiede di superare le diatribe inutili e le false divisioni. Oggi è puramente ridicolo dividersi tra indipendentisti ed identitari o sovranisti. Abbiamo capito che possiamo risolvere i nostri problemi soltanto mandando a casa lo Stato italiano e le sue agenzie locali. Non perché sono più brutti e cattivi di altri, o più ladri, ma semplicemente perché non risolvono i nostri problemi.
E la lista di quelli da mandare a casa è lunga, Grillo compreso, se non capisce che in Sardegna da solo non può vincere e che se vuole esistere deve tenere conto che qui deve rispettare l'esigenza di sovranità diffusa tra la gente: nei fatti non a chiacchiere. Che significa anche rinunciando a presentare una lista da solo, perché a noi non basta la protesta, per noi è essenziale costruire le condizioni politiche dell'autogoverno ed un programma centrato sulle nostre esigenze. Anche molti simpatizzanti ed attivisti del M5S esprimono esattamente la stessa richiesta ed anche con loro siamo interessati a costruire il futuro.
Commenti (4)
Paulu Leone Cugusi Biancu
Dalla fine della 2° guerra mondiale son passati 70 anni (08/09/2013).
Dal 1960 al 1973, hanno in cui nacquero le BR, lo Stato Italiano e la Sardegna erano cose diverse.
Dal 1973 al 1988 ci furono quindici anni di terrorismo in Italia, Germania e Francia, i tre paesi più grandi che avevano creato la CECA, che poi divenne CEE e poi UE.
Chissà perché?
Ce lo siamo chiesto.
In questi ultimi anni, tra Iraq, Egitto, Libia, Siria, Pakistan e Afganistan c'è un altro tipo di terrorismo che DEVE ESSERE FERMATO, non da me, ma da chi vuole esportare la sua democrazia anglosassone, usando ogni forma e ogni mezzo di pressione, specie il denaro.
Mi fermo perché queste sono solo mie opinioni.
Franco Branca
Antioco Patta
Hymmema