Cari amici e compagni , state sbagliando!
Il mondo politico regionale in questi giorni è in surplace in attesa di eventi indipendenti ed esterni (congresso PD e decisioni della magistratura) alle cui conseguenze ancora la propria reazione. Immobile, come il ciclista in attesa che l'antagonista prenda l'iniziativa e scatti prima di lui, per poterlo inseguire e superare o per cogliere l'attimo che, con lo scatto, può consentirgli il vantaggio per arrivare primo al traguardo.
Nel centrodestra i gruppi relativamente meno soggetti a decisioni romane, quelli dell'area di centro che si riferiscono a Riformatori e UDC, per es., stanno facendo le carte per presentarsi agli elettori con nuove immagini e vestitini nuovi tali da renderli immuni da critiche sulla loro corresponsabilità piena – passata ed attuale - nella gestione della cosa pubblica.
Nel centrosinistra prosegue la presa di distanze di quasi tutti gli alleati dal PD e si moltiplicano le nuove associazioni (al suo interno ed all'esterno) fondate su un diverso modo di intendere la cosiddetta questione morale, che in questo momento si identifica con la gestione dei fondi dei gruppi consiliari.
A mio modesto parere sbagliano tutti, perché, per quanto importanti, non sono questi i motivi più rilevanti su cui si gioca il futuro della Sardegna e su cui si deve costruire consenso e consapevolezza della popolazione.
Non mi piace il moralismo e sono convinto che per quanto strumentalmente questi argomenti possano influire sulle scelte elettorali, portando un po' diconsenso ai nuovi ed immacolati di turno come Grillo, in fondo non sarà da questi comportamenti che si decideranno le sorti della Sardegna.
Ma voglio spiegare bene ciò che penso, perché è evidente il rischio di essere frainteso o di consentire spazi ad interpretazioni distorte. Io non conosco gli atti istruttori ma, per quello che se ne sa, i consiglieri regionali indagati sarebbero responsabili di un uso illecito dei fondi a disposizione di ciascuno di loro per sviluppare attività politica (che significa anche fare proselitismo e generare consenso).
L'accusa, pertanto, sarebbe quella di un uso dei fondi diverso e distorto rispetto a quello per cui sono assegnati ai gruppi consiliari. Le tesi difensive mi pare possano essere riassunte in due affermazioni: la prima è che ciascun consigliere poteva autonomamente gestire questi fondi per la propria attiività politica, nel modo che riteneva più opportuno, la seconda è che praticamente le somme assegnate dai gruppi ai singoli consiglieri fossero di fatto un'integrazione dei loro compensi, anche se con diversa forma e con destinazioni formali specifiche, ma che sostanzialmente potessero disporne liberamente.
Sono tesi che hanno conseguenze diverse nelle valutazioni morali e giuridiche, ma francamente queste disquisizioni non mi appassionano e, qualunque sarà la decisione dei giudici, quando ci sarà, non è questo il metro con cui misuro l'operato politico dei consiglieri regionali. Sia ben chiaro che con questo non intendo affermare che sia indifferente constatare come i rappresentanti eletti dal popolo sardo nella massima sede elettiva siano degli ingordi arraffoni o non lo siano. Né intendo affermare che sono tutti uguali e tutti ladri. Penso esattamente il contrario e cioè che le responsabilità non sono uguali per tutti e non tutti i cosiddetti politici sono uguali. E penso che la stragrande maggioranza di loro vada rimandata a casa perché sono colpevoli – politicamente – di incapacità nella soluzione dei problemi del popolo sardo, in quanto sudditi sciocchi, ignoranti ed incapaci, di logiche ed interessi, esterni alla nostra isola, di cui si accontentano di tentare di raccogliere le briciole.
Da questo punto di vista, quindi, capisco – senza condividerli - soltanto comportamenti delle forze politiche dettati da considerazioni tattiche e pratiche. E quindi capisco l'atteggiamento di tutti gli alleati del PD e dei gruppi interni dissenzienti, che chiedono per presentarsi al confronto elettorale la realizzazione di condizioni tali da certificare il massimo possibile di pulizia e di affidabilità dei candidati Presidente e consiglieri. Ma capisco anche la decisione dei gruppi dirigenti del PD, che fanno quadrato attorno alla candidatura della signora Barracciu. Al loro posto (ma per fortuna non ci sono), io farei lo stesso, perché OGGI, a ridosso delle elezioni, la decisione contraria verrebbe letta come un'ammissione di responsabilità e comporterebbe un' ulteriore e più grave penalizzazione delle loro scelte.
I risultati pratici di tutto questo, sempre a mio modesto parere (e con questo mi gioco la reputazione sulle previsioni) saranno che la coalizione di centrosinistra si ridurrà al PD con pochissimi cespugli di contorno, come i titolari formali del marchio socialista e IDV, e che tutti gli altri dovranno scegliere fra tre alternative possibili: la prima è quella di fare una coalizione alternativa al PD con al centro i Rossomori e la prospettiva sovranista di sinistra, la seconda – considerati i rischi della prima sulla difficoltà di raggiungere il 10% - è quella di fare un'unica lista nella speranza di raggiungere il 5 % e portare a casa la sopravvivenza; la terza è quella di guardare a Polo Identitario che ormai è una chiara realtà, e verificare se esistono le condizioni programmatiche per presentarsi agli elettori in una coalizione unica.
Io sono del parere che la strada da seguire non possa che essere quest'ultima, per due ordini di motivi. Il primo attiene alla Politica con la P maiuscola, e cioè al fatto che tutti i gruppi, Partiti ed Associazioni che si contrappongono al centrodestra e centrosinistra sono accomunati, anche se non ne hanno esplicita percezione – dalla consapevolezza che le centrali romane di riferimento non possono (ammesso e non concesso che vogliano) trovare la soluzione dei problemi della Sardegna nell'attuale quadro di rapporti con l'Italia e con questa Europa. La prospettiva identitaria e indipendentista ha il vento in poppa, oggi, perché questa consapevolezza è diffusa, e perché la scelta di fare da soli è considerata come una scelta obbligata per poterci salvare, non la solita scelta ideologica di tre o quattro vecchi arnesi dell'indipendentismo inteso come scelta ideologica e culturale di vita.
Il secondo motivo è che tale scelta offrirebbe al popolo sardo, per la prima volta da decenni, lo scenario di un'aggregazione di forze politiche sarde mature, capaci di mettere in primo piano le ragioni dell'unità rispetto alle differenze (molto spesso assai difficili da cogliere). Questa aggregazione di per sé costituirebbe un effetto moltiplicatore gigantesco sulla possibilità di ottenere il consenso ed avrebbe numeri potenzialmente vincenti perché offrirebbe ai Sardi una chiara prospettiva programmatica.
Cosa è necessario perché ciò possa realizzarsi ? che ciascuno usi il buon senso e metta in second'ordine le proprie esigenze di partito, di gruppo e personali.
Ed anche qui sono costretto ad un'ulteriore precisazione: non si tratta, per nessuno, di rinunciare alle proprie idee né alla propria visione del mondo. Ciascuno può restare se stesso. Non si tratta di fare una coalizione di larghe intese in chiave regionale. Si tratta di confrontarsi nel concreto sul programma, e su questo, ne sono profondamente convinto, l'intelligenza prevarrà sulla stupidità, per il motivo molto semplice che le esigenze di base sono molto chiare e le soluzioni individuate, se condivise, saranno necessariamente mirate a risolvere i nostri problemi non ad arricchire i potentati finanziari ed economici internazionali.
E su questo terreno, infine, non dobbiamo escludere a priori l'ipotesi, i prospettiva, di alleanze anche con partiti e movimenti italiani che abbiano interessi convergenti rispetto a quelli del popolo sardo. Ma questo è argomento per un altro capitolo, perché due cartelle sono già troppo.
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Antonello Dessi
Gianfranco Cau
Andrea Caboni