Ordine del giorno: riforma titolo V. Ricorso contro legge elettorale sarda. Elezioni europee.
È ormai chiaro che siamo entrati in una fase della vita politica italiana che necessariamente chiede una modifica radicale degli assetti istituzionali, per adeguare la macchina alle esigenze sempre più pressanti di risposta alle domande di intervento pubblico nell'economia. Le risposte passano anche attraverso una riduzione degli enormi costi dell'apparato politico amministrativo, di cui l'abolizione delle Province non è che un piccolo e tiepido antipasto.
Con l'aria che tira, non sarebbe difficile per questo governo ottenere il consenso della gran parte della popolazione sia all'abolizione delle Regioni che del Senato. Bisognerà vedere quanto saranno capaci di interdizione e di veto i ceti privilegiati che in questo brodo di coltura vivono e si riproducono.
Con questa operazione, tardiva, affrettata e necessariamente arraffazzonata, si butteranno via con l'acqua sporca molti bambini, sacrificando agli dei dell'EFFICIENZA e del RISPARMIO grandi quantità di strumenti di partecipazione democratica. Il tutto, ovviamente, in funzione dell'esigenza superiore di RECUPERARE RISORSE in funzione del DIO Massimo, quello della RIPRESA DELLA CRESCITA DEL PIL.
È tutto molto comprensibile e molto lineare, se consideriamo che questo stato sostanzialmente funziona per pagare interessi sui debiti, mantenendo, quando va bene, la dimensione attuale dell'indebitamento, e che il massacro economico dei ceti medi e la rapina costante sui redditi di coloro che hanno un lavoro dipendente e dei pensionati può essere ancora perpetrata soltanto dando una parvenza di equità alle azioni del governo italiano.
In questo scenario è patetica e impotente la ripresa dei pellegrinaggi rivendicativi a Roma da parte dei politici eletti (con l'imbroglio della legge truffa) nelle istituzioni rappresentative della Regione (Giunta e Consiglio). Soldi non ce ne sono e quindi si portano a casa promesse di "tavoli" per vedere, rivedere, valutare ... ed è verosimile pensare che tra pochissimo andrà in scena la replica della chiamata alla mobilitazione del popolo sardo (unito naturalmente, dalle associazioni di categoria ai lavoratori e sino alle "forze sociali" ) per rafforzare l'azione di suoi rappresentanti eletti.
Ci cascherà ancora qualcuno ? Purtroppo si. Ma sempre meno.
Le elezioni europee nella nostra regione con molta probabilità vedranno la partecipazione di un trenta per cento della popolazione. Non si capisce, infatti, per quale motivo i sardi dovrebbero andare a votare con la certezza di non poter eleggere alcun rappresentante, ammesso e non concesso che questo serva a qualcosa.
Tutto questo incide pesantemente sulla vita quotidiana della nostra popolazione, dove alcune categorie sociali protette continuano a vivacchiare (anche se tirano la cinghia e si stanno mangiando il capitale di generazioni) mentre aumenta in modo impressionante la quantità dei non garantiti, dei precari e dei sottopagati. In una situazione complessiva dove l'assenza di prospettive affidabili di miglioramento è sempre più pervasiva e condizionante.
Gli eletti (con la legge truffa) nel Consiglio regionale e la Giunta possono fare cose diverse? A mio parere no. Per il semplice motivo che i loro riferimenti politici nazionali (che insieme governano l'Italia) non lo consentono, e non possono consentire, alcuno spazio di autodeterminazione della Sardegna e non possono mettere a disposizione le risorse necessarie.
Ma... i partiti di ispirazione indipendentista che hanno rappresentanti in Consiglio regionale ?
Si dovranno accontentare dell'obbiettivo che hanno raggiunto: le condizioni economiche per la sopravvivenza delle loro organizzazioni e, in qualche caso, di loro rappresentanti.
Si mettano il cuore in pace, quindi, coloro che, come Massimo Dadea, pur effettuando confuse e incompiute autocritiche, e pur vedendo con relativa lucidità la situazione, continuano ad affidare ai rappresentanti eletti dalla legge truffa il compito di trovare soluzioni.
La strada da seguire è tutt'altra.
Bisogna tirarsi fuori da questo merdaio in cui ci ha cacciato l'Italia e l'Europa, con la complicità dei gruppi dirigenti regionali asserviti al potere centrale e con l'acquiescenza della maggioranza della nostra popolazione.
Bisogna capire che è indispensabile rinegoziare tutti i patti con Italia ed Europa, riprendendoci la nostra totale sovranità istituzionale, che è il presupposto per poter costruire una nuova fase di vita economica della nostra regione fuori dai condizionamenti europei e nazionali, ormai diventati un ostacolo allo sviluppo.
Né l'Italia né l'Europa possono fornirci le condizioni di un modello di sviluppo alternativo, perché nel settore agricolo e zootecnico la fanno da padrone le esigenze di tedeschi e francesi, perché i rapporti internazionali sulla divisione del lavoro portano molto lontano le produzioni manifatturiere (su cui non abbiamo alcuna possibilità di competere), perché sul mercato turistico nessun operatore esterno ha interesse a valorizzare la nostra cultura e specificità come differenziale competitivo, perché le grandi compagnie del sistema distributivo sono in mano a francesi e tedeschi e rispondono a logiche in cui la Sardegna non ha la forza di inserirsi, e potrei continuare ...
E quindi ? anche se non sarà sufficiente bisogna chiedere una decisione della Corte Costituzionale che azzeri il risultato elettorale per truffa manifesta; anche se può apparire sterile bisogna condurre una campagna attiva di demistificazione delle elezioni farsa europee; e addirittura bisogna anche difendere le parvenze residue di Autonomia regionale.
Ma tutte queste battaglie vanno combattute per aumentare nella popolazione sarda la consapevolezza di sé e della possibilità di trovare in sé stessa le condizioni e le energie per costruire il proprio futuro.
Questo è il compito del nuovo indipendentismo sardo. Il resto verrà.
Commenti (0)