Elezioni a Cagliari prove generali per la Regione
Dal punto di vista di chi ha maturato la convinzione che il teatrino delle elezioni amministrative sposta molto poco sulle questioni che maggiormente interessano la gran parte della popolazione le scadenze elettorali sono diventate quasi noiose. Ma bisogna farci i conti comunque, perché nel bene e nel male sono un termometro importante della salute del corpo sociale, i risultati comunque possono contribuire al cambiamento generale e non è detto che sempre le ciambelle riescano col buco ai vari cuochi che si cimentano nella gara.
Per chi è convinto, come me e tantissimi altri, che lo stato italiano non solo non è in grado di risolvere i problemi della Sardegna ma addirittura accentua la sua posizione di stato coloniale, la scelta tra le diverse liste e candidati è obbligata in negativo: non si può sostenere nessuno dei candidati che si presenta con liste di riferimento di partiti nazionali italiani nè con liste civiche che esprimono solo interessi personali o di gruppi di potere che in ogni caso si pongono come mediatori tra il potere centrale e la periferia.
Nello scenario attuale, quindi, i vari Zedda, Vargiu, Massidda etc etc, per quanto ci riguarda sono improponibili e l'unica lista che allo stato attuale merita attenzione è Cagliari Città Capitale, col suo candidato Enrico Lobina, ma con una serie di avvertenze per l'uso su diversi argomenti, che provo a evidenziare.
Il primo è fare chiarezza per quanto riguarda i rapporti con lo stato italiano e con l'UE.
La gran parte degli amici e compagni che si riferiscono a questa coalizione sono persone che hanno alle spalle un passato di militanza nella sinistra (come me) ed idealmente continuano ad avere come punto di riferimento i grandi valori ispiratori di quell'area politica, che, per chiarezza, anche io condivido. Ma negli ultimi tempi – anni – abbiamo avuto convinzioni diverse su un punto essenziale: l'opportunità di anteporre l'essere di sinistra all'esigenza di autodeterminazione della Sardegna. Io sono convinto della seconda scelta e penso che per risolvere i nostri problemi dobbiamo innanzitutto affermare la nostra indipendenza politica, economica e amministrativa dallo stato italiano, col quale dobbiamo rinegoziare tutti i rapporti. Come ho scritto mille volte, oggi la competizione prevalente è tra collettività territoriali organizzate, non tra classi sociali, e se la Sardegna vuole risolvere i suoi problemi deve innanzitutto affermare la propria volontà di autodeterminazione e trovare nuovi alleati con cui pensare e costruire il proprio futuro.
Lo stato italiano non solo non è un alleato ma è un ostacolo allo sviluppo della nostra regione, perché la sua principale finalità è quella di drenare denaro dalle tasche dei cittadini che non possono evadere neppure un euro per pagare i debiti (meglio, gli interessi ) artatamente contratti a livello internazionale da governanti compiacenti e negli ultimi tempi autolegittimati. Gli ultimi pronunciamenti che ho registrato, da parte di numerosi compagni che si riferiscono a Cagliari Città Capitale, mi pare segnino un notevole passo avanti su questo tema, ma sono ancora piuttosto "timidi" sulla valutazione delle politiche della UE, su cui non registro alcuna critica, e sugli strumenti di intervento a livello locale previsti nel POR Sardegna.
Conseguenza di questo ragionamento è l'atteggiamento da tenere con tutte le forze politiche che antepongono l'esigenza di autodeterminazione a tutte le altre. Anche qui: non basta dire che le porte sono aperte a tutti coloro che condividono questa ispirazione. Bisogna avere il coraggio e la maturità di confrontarsi realmente con esse, ed in primo luogo con Unidos, che ha dimostrato di avere maturato scelte convergenti irreversibili e di avere un importante consenso elettorale. Ovviamente analogo coraggio e maturità si richiede a Mauro Pili. Se si riuscisse a far convergere su un candidato comune il consenso di una coalizione di tutti i gruppi e partiti dell'area dell'autodeterminazione, senza esclusioni preconcette e precostituite, secondo me si creerebbero le condizioni fondamentali per affrontare le prossime regionali con possibilità di vittoria. Questo, a mio parere, è l'obbiettivo principale al quale oggi tutte le persone di buon senso politico dovrebbero guardare, mettendo in secondo piano tutti gli altri aspetti che possono dividere piuttosto che unire.
Ultimo punto, per non farla troppo lunga, altrimenti non mi leggete più: sul programma.
Anche su questo vedo timidezza e difficoltà a individuare con chiarezza i temi su cui orientare le possibilità (anche se scarse) di intervento dell'amministrazione comunale. Il tema centrale, quello dell'asse prioritario su cui costruire il futuro della città, mi sembra di un'evidenza ormai solare: Cagliari può avere un futuro "produttivo" soltanto potenziando la sua capacità di attrattore turistico. A questo obbiettivo prioritario bisogna orientare anche tutte le altre scelte, perché dal suo successo dipende la possibilità o meno di creare posti di lavoro non precari.
Da questo punto di vista i resoconti del lavoro degli OST, che ho letto con attenzione, francamente mi sono sembrati al di sotto dell' esigenza di enucleare una strategia vincente per Cagliari, senza un'idea unificante. La metodologia di questi laboratori, per quanto abbia i pregi della inclusività, coinvolgendo le persone a livello "di base", è strutturalmente inadeguata a focalizzare la ricerca di soluzioni di natura strategica. Infatti sono state evidenziate esigenze e prime enucleazioni di soluzioni, ma siamo ben lontani dal delineare un "nuovo" modello di sviluppo.
Anche se la competizione è per l'amministrazione di una città, non è sufficiente proporre temi per una "buona amministrazione". Per questo basta avere persone oneste e di buon senso.
Occorre una visione strategica chiara, che sia parte importante ed essenziale di un "nuovo corso" per tutta l'isola.
I problemi principali da affrontare sono quelli dei trasporti (sui collegamenti aerei internazionali, Ryanair e/o altri vettori low cost e sui collegamenti marittimi non ho visto alcuna proposta), dell'ambiente (oltre l'ittioturismo di Santa Gilla non sarebbe bene anche avere il coraggio di fare proposte serie su riuso di beni pubblici in chiave turistica ?!( alberghi, ma non solo),della legislazione urbanistica che non significa esclusivamente costruire in prossimità della costa (che peraltro in qualche caso può non nuocere ad alcuno) ma consentire di realizzare semplicemente ampliamenti e migliorie in zone centrali della città, individuando soluzioni positive e non solo divieti, delle risorse economico-finanziarie per realizzare gli interventi (utilizzo anche ma non esclusivamente di fondi UE) con il coinvolgimento degli attori privati disponibili (il modello Grauso a Villanova e Marina è da emulare, incoraggiare, sostenere e replicare), dei soggetti principali che possono attivare e sviluppare questo progetto, dell'identità culturale (Cagliari deve essere sempre più la porta principale della Sardegna) della dimensione realmente metropolitana della città, pensando quanto meno ad un'unica area che unisca con collegamenti efficienti e rapidi (percorrenza max 1 ora) il Sulcis, il Medio ed Alto Campidano e il Sarrabus Gerrei.
Lo scenario europeo, del Nord Africa e del Vicino Oriente, con i loro eventi spesso tragici, hanno restituito alla Sardegna un relativo vantaggio competitivo, che non sarà di breve periodo e che, se utilizzato con tempestività ed intelligenza, costituisce un forte elemento su cui poggiare la prossima fase di sviluppo.
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